venerdì 26 luglio 2013

Unico dato in crescita: i suicidi
E la Marcia verso Roma dei disoccupati va avanti nell’indifferenza del Parlamento

La notizia è agghiacciante: quasi come il silenzio che l’ha accolta. È pur vero che era nell’aria. Fatto sta che 121 persone tra il 2012 e i primi tre mesi del 2013 si sono tolte la vita per cause legate al deterioramento delle condizioni economiche personali o aziendali: nel 2012 i suicidi sono stati 89, mentre nei primi tre mesi del 2013 32. “Si tratta del 40% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente”, sottolinea il Rapporto sui Diritti globali 2013, presentato ieri a Roma. Secondo l’organismo in questi anni il welfare è stato la “vera vittima sacrificale dell'economia italiana”. Il che è condivisibile, ma non è stata certamente l’unica. Le notizie di delocalizzazioni, ridimensionamenti, ricorsi alla cassa integrazione in deroga fanno il paio con quelle delle pubbliche amministrazioni che arretrano dal territorio della tutela sociale.

Il fatto è che la scia di sangue non si arresta. Ogni giorno, purtroppo, l’elenco si allunga. Ed è uno stillicidio che non fa rumore, perché spesso le tragedie della crisi vengono coperte da un pietoso silenzio. L’imprenditore che s’impicca nel suo capannone, il cassintegrato che si getta dal ponte, il disoccupato che si lancia dalla finestra sono urla mute, che sembrano non squarciare alcun velo fuori dal dramma che, in questa maniera, causano ai famigliari, agli amici, ai colleghi che troppo spesso si trovano nelle loro stesse condizioni. 

In tutto questo, è amara la sensazione di un Paese che sembra troppo distratto persino per piangere i suoi figli. L’esempio eclatante di Civitanova Marche, pur recentissimo, sembra già passato nel dimenticatoio. È così per la grande stampa, per la scena politica nazionale: ma a ben guardare non è così per la gente. Che legge quelle “brevi in cronaca” e, ogni volta, prova un travaso di rabbia. 

Non tutti si limitano però allo sport nazionale del lamento fine a se stesso. E, anche se non hanno nugoli di teleoperatori attorno, cercano di fare qualcosa. Scendere in piazza? Passare alla violenza? No. Attraversare, compostamente, questa Nazione ferita con una marcia contro i suicidi. Anzi, la marcia “Verso Roma contro i Suicidi”: erano partiti diciotto giorni da Solighetto di Pieve di Soligo, piccola località del “ricco” (o ex tale) Nord Est, in provincia di Treviso, ad oggi i suoi fautori sono in Umbria. Sono sei ragazzi, accomunati dallo status di disoccupati e dalla crescente indignazione per l’aumentare del numero di coloro che si tolgono la vita davanti alla risi e al silenzio delle istituzioni. Quando arriveranno a Rona, renderanno noto il resoconto riepilogativo dell’intera esperienza e lo consegneranno ai rappresentanti del Governo al fine di sensibilizzare le Istituzioni sul problema. C’è da augurarsi che nel frattempo qualcosa si sia mosso. Ma le cronache politiche e parlamentari, tutte concentrate attorno a improbabili “caminetti” del Pd o a formule elettorali importanti, ma meno urgenti della via d’uscita da trovare a questa crisi, non fanno ben sperare.

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